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CIRCOLARE BIMESTRALE N. 5 DEL 30/09/2004

SOMMARIO
- CIRCOLARE BIMESTRALE N. 5 DEL 30/09/2004
- LA RIFORMA DEI SERVIZI ISPETTIVI DEL MINISTERO DEL LAVORO
- MINIMALI E MASSIMALI DI RENDITA INIAL
- LA RATEAZIONE DEI DEBITI CONTRIBUTIVI CON L’INAIL
- LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE E OBBLIGAZIONE CONTRIBUTIVA
- DENUNCIA DI INFORTUNIO E SEDE INAIL COMPETENTE
- IL CONTRATTO DI INSERIMENTO LAVORATIVO
- I TIROCINI ESTIVI DI ORIENTAMENTO
- ORARIO DI LAVORO E DISCIPLINA DELLE FERIE - SISTEMA SANZIONATORIO
- LA CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI DI LAVORO
- LA GIURISPRUDENZA
- SCADENZARIO LAVORO: SETTEMBRE 2004 OTTOBRE 2004 E PRIMI GIORNI DI NOVEMBRE 2004
 

CIRCOLARE BIMESTRALE N. 5 DEL 30/09/2004


Clicca sul logo qui sopra per scaricare la circolare nel formato Pdf

LA RIFORMA DEI SERVIZI ISPETTIVI DEL MINISTERO DEL LAVORO

In seguito alla emanazione del D.Lgs. n. 124 del 23 aprile 2004, che regola la “razionalizzazione delle funzioni ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro”, il Ministero del lavoro ha emanato la circolare n. 24 del 24 giugno 2004 con la quale delinea ambiti e competenze degli apparati ispettivi delle direzioni del lavoro e degli enti previdenziali.

In questa sede si vuole porre l’accento sulle nuove competenze attribuite agli organi di vigilanza e sui nuovi strumenti di conciliazione e di diffida.

L’articolo 6 del provvedimento in esame attribuisce al personale ispettivo delle direzioni del lavoro, potere ispettivo in materia di lavoro e di legislazione sociale; tali compiti sono meglio specificati al successivo articolo 7 che attribuisce, tra l’altro, la competenza di fornire tutti i chiarimenti che vengano richiesti intorno alle leggi sulla cui applicazione esso deve vigilare, anche ai sensi dell’articolo 8.

Tale attività deve riguardare questioni di carattere generale e non deve interferire con la consulenza del lavoro deputata ai soggetti abilitati ai sensi della l. n. 12/79 (consulenti del lavoro ecc.). Inoltre, nel corso di tali iniziative, che possono aver luogo anche presso le aziende, il personale ispettivo non esercita funzioni di vigilanza né può svolgere attività di accertamento.

Strettamente connessa a questo tipo di attività è prevista anche la facoltà di interpello, rimessa agli enti pubblici, associazioni di categoria, ordini professionali, i quali possono rivolgersi alle DPL (Direzioni Provinciali del Lavoro) o alle direzioni degli enti previdenziali, per ottenere pareri di ordine generale sull’applicazione delle normative nelle materie di rispettiva competenza.

La conciliazione monocratica introdotta dall’art. 11 del decreto consiste nella possibilità, di addivenire ad una soluzione conciliativa rispetto a violazioni in materia di lavoro che attengono a diritti patrimoniali del lavoratore.

Essa può essere preventiva, quando consegue ad una richiesta di intervento da parte del lavoratore. In questo caso, la DPL, ha la facoltà di convocare gli interessati per procedere al tentativo di conciliazioni.

La conciliazione contestuale può invece essere attivata dall’ispettore che, nell’ambito dell’attività di vigilanza, rilevi violazioni ai diritti patrimoniali del lavoratore. In questo caso può raccogliere il consenso delle parti per procedere al tentativo di conciliazione dandone notizia alla DPL competente.

Nel caso in cui il tentativo dei conciliazione si concluda con l’accordo delle parti, sarà sottoscritto apposito verbale e l’obbligazione contributiva a carico del datore di lavoro si estinguerà con il versamento dei contributi e premi dovuti sulle somme concordate in sede di conciliazione, nel rispetto dei minimali di contribuzione disposti dalla legge, senza applicazione di sanzioni.

Va sottolineato che il funzionario conciliatore può non procedere alla sottoscrizione del verbale di conciliazione solo nel caso in cui “rilevi la mancanza di una genuina e libera manifestazione del consenso da parte del lavoratore”.

Tale istituto è applicabile anche ai rapporti di lavoro autonomo (co.co.co. e contratti di lavoro a progetto) ma non è applicabile ai rapporti di lavoro certificati per le cui controversie si deve esperire il tentativo obbligatorio di conciliazione avanti alla commissione di certificazione (vedi articolo in questo notiziario)

La diffida accertativa consiste nella possibilità, rimessa al personale ispettivo delle DPL, di diffidare il datore di lavoro a corrispondere direttamente al lavoratore eventuali differenze retributive derivanti dall’applicazione dei contratti collettivi e individuali di lavoro, rilevate in sede di indagine ispettiva.

Anche tale istituto si applica tanto ai rapporti di lavoro subordinato quanto a quelli di lavoro autonomo.

Il datore di lavoro che riceva una diffida accertativa può promuovere, entro il termine perentorio di 30 giorni dalla notifica dell’atto, un tentativo di conciliazione presso la DPL.

Trascorso inutilmente tale termine o nel caso di mancato accordo. La diffida acquista valore di accertamento tecnico con efficacia di titolo esecutivo, con apposito provvedimento del Direttore della DPL.

Questo significa che il lavoratore può agire mediante atto di precetto per riscuotere il proprio credito.

A questo punto il datore di lavoro può impugnare la diffida, entro 30 giorni dalla notifica, dinanzi al Comitato regionale per i rapporti di lavoro.

Nel caso in cui, in seguito a diffida accertativa, si pervenga ad una conciliazione, la diffida perde efficacia ed il datore di lavoro dovrà pagare contributi e premi determinati sulle somme concordate in conciliazione, nel rispetto del minimale. In questo caso sono però dovute anche le sanzioni civili e gli interessi legali.

L’articolo 13 del decreto regola l’istituto della diffida rimesso anche agli ispettori degli istituti previdenziali i quali, qualora in sede di verifica, rilevino violazioni dalle quali conseguono sanzioni amministrative, devono diffidare il datore di lavoro ad adempiere fissando il relativo termine.

Nel caso in cui il soggetto diffidato provveda all’adempimento nei termini, sarà tenuto al pagamento delle sanzioni nella misura minima stabilita dalla legge o, nella misura di un quarto della sanzione espressa in misura fissa.

Tale istituto non è applicabile alle violazioni “in cui l’interesse sostanziale (soprattutto relativo alla tutela dell’integrità psico-fisica e della personalità morale) protetta dalla norma non è in alcun modo recuperabile”. A tale proposito la circolare cita la violazione relativa al superamento delle 48 ore medie di lavoro settimanale ecc.

MINIMALI E MASSIMALI DI RENDITA INIAL

La delibera n. 464 del 21 giugno 2004, individua la retribuzione di riferimento per la liquidazione delle rendite INAIL la cui vigenza è però subordinata all’emanazione di apposito decreto ministeriale.

Contrariamente a quanto avveniva gli scorsi anni, i nuovi valori decorrono dal 1 gennaio 2004 e sono stati così determinati: 

Minimale annuo – Euro 12.360,60;

Massimale annuo – Euro 22.955,40.

 

Conseguentemente a tale aggiornamento ricordiamo che vanno rivisti anche gli imponibili sui quali determinare i premi INAIL dovuti per i dirigenti e per i soggetti titolari di rapporti di collaborazione coordinata e continuativa.

Dal 1 gennaio 2004 la base di calcolo per il premio dovuto per i dirigenti sarà pari a Euro 22.955,40 mentre per i Co.Co.Co. sarà assoggettata la retribuzione effettivamente corrisposta nel rispetto del limite minimo e massimo sopra riportati.

LA RATEAZIONE DEI DEBITI CONTRIBUTIVI CON L’INAIL

Con delibera del 17 giugno 2004 l’INAIL ha dettato le nuove disposizioni che regolano la rateazione dei debiti contributivi che riepiloghiamo nella tabella di seguito riportata nella quale, in base al tipo di debito e alla durata della rateazione richiesta, vengono indicati gli organi competenti a rilasciare la relativa autorizzazione.

 

Debiti non iscritti a ruolo

Debiti iscritti a ruolo

Debiti di ammontare fino a 258.000,00 Euro e un numero di rate non superiore a 12

La domanda va presentata al direttore della sede INAIL

La domanda va presentata al direttore della sede INAIL

Debiti di ammontare fino a 258.000,00 Euro e un numero di rate superiore a 12 e fino a 36

La domanda va presentata al direttore regionale dell’INAIL

La domanda va presentata al direttore regionale dell’INAIL

Debiti di ammontare superiore a 258.000,00 Euro e un numero di rate superiore a 36 e fino a 60 

La domanda va presentata al direttore regionale dell’INAIL ma è necessaria la preventiva autorizzazione ministeriale

La domanda va presentata al direttore regionale dell’INAIL e non serve la preventiva autorizzazione ministeriale

 

Le istanze, ammesse solo per debiti superiori a Euro 1.000,00, vanno presentate ai rispettivi organi motivando la temporanea difficoltà a saldare il debito in unica soluzione ed impegnandosi a rispettare il piano di rateazione proposto dall’Istituto.

Inoltre il soggetto richiedente dovrà:

• prestare idonea garanzia (fidejussione o polizza fidejussoria) per dilazioni oltre le 24 rate o per debiti complessivamente superiori a Euro 24.000,00;

• pagare, al momento della presentazione dell’istanza, un acconto pari ad una rata determinata in ragione del numero complessivo di rate richieste;

• per le rateazioni relative a debiti iscritti a ruolo, di durata superiore a 24 mensilità, provare la sussistenza di almeno una delle seguenti condizioni: a) calamità naturali con sospensione dei termini stabiliti da appositi decreti; b) procedure concorsuali per le quali risulti già emanato il provvedimenti dichiarativo; c) trasmissione agli eredi di debiti contributivi; d) carenza temporanea di liquidità finanziaria derivante da ritardati introiti dallo stato o da enti pubblici o da ritardo nell’erogazione di contributi o finanziamenti pubblici; e) carenza temporanea di liquidità finanziaria connessa a difficoltà economico sociali del territorio o di settore; f) ricorrenza di uno stato di crisi dovuto a contrazione o sospensione dell’attività produttiva; g) contestuale richiesta di pagamento di premi, contributi e tributi con scadenze concomitanti; h) oggettive incertezze sulla ricorrenza dell’obbligo assicurativo; i) mancato o tardato pagamento dei premi dovuto a fatto doloso del terzo, denunciato all’autorità giudiziaria entro il termine stabilito dall’art. 124 c. 1, c.p..

 

La rateazione del debito non potrà essere concessa ai soggetti che non hanno rispettato piani di rateazione concessi nel biennio precedente.

LAVORO AUTONOMO OCCASIONALE E OBBLIGAZIONE CONTRIBUTIVA

L’INPS ha emanato la circolare n. 103 del 6 luglio 2004 con la quale detta le regole per il trattamento contributivo delle somme erogate ai soggetti esercenti attività di lavoro autonomo occasionale e agli incaricati alle vendite a domicilio.

Occorre innanzitutto precisare che è soggetto esercente attività di lavoro autonomo occasionale chi si obbliga a compiere un’opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio, senza vincolo di subordinazione e senza alcun coordinamento con il committente. L’attività deve comunque essere del tutto occasionale.

La fattispecie in esame si distingue quindi dalle prestazioni occasionali intendendosi per tali, quelle di durata inferiore a 30 giorni nell’anno solare ed il cui corrispettivo non supera Euro 5.000,00 sempre nell’anno solare con lo stesso committente (mini collaborazioni).

Ebbene, con effetto dal 1 gennaio 2004, i prestatori di lavoro autonomo occasionale sono soggetti all’obbligo assicurativo solo qualora il corrispettivo della loro prestazione superi Euro 5.000,00 nell’anno solare (1 gennaio 31 dicembre) e limitatamente alla quota eccedente tale limite.

Per questi soggetti, nonché per gli addetti alle vendite a domicilio, il limite di Euro 5.000,00 rappresenta quindi una franchigia.

Tale disposizione obbliga i prestatori d’opera a comunicare ai propri committenti il superamento della soglia di esenzione per consentire agli stessi di procedere all’assoggettamento dei compensi che avviene con le stesse modalità ed aliquote previste per la generalità dei soggetti iscritti alla gestione separata.

Nell’ambito dell’ordinamento tributario, precisa l’INPS, le attività in questione sono quelle produttive dei redditi “diversi” di cui all’art. 67 c. 1 lettera l) del TUIR.

La contribuzione previdenziale deve essere applicata sul compenso lordo erogato al lavoratore, dedotte le spese poste a carico del committente e risultanti dalla fattura.

Premesso che gli incaricati alle vendite a domicilio risultano già iscritti alla gestione separata, per i prestatori d’opera occasionale, l’istituto ha predisposto uno schema per l’iscrizione che viene effettuata una sola volta e che vale anche per gli anni successivi.

DENUNCIA DI INFORTUNIO E SEDE INAIL COMPETENTE

Con effetto dal 12 luglio 2004, la sede INAIL competente a trattare le pratiche di infortunio e malattie professionali, è quella del domicilio del lavoratore.

Lo precisa la nota dell’INAIL del 1 luglio 2004 n. 3754/bis.

Tale disposizione, che trova la sua ragione nella possibilità per l’istituto di avere un contatto più diretto con l’assicurato, prevede che le denuncie di infortunio debbano essere presentate alla sede INAIL nel cui territorio ricade il domicilio del lavoratore.

L’INAIL, con la medesima nota, precisa però che, qualora la presentazione dovesse avvenire nella sede titolare del rapporto assicurativo con il datore di lavoro, la denuncia si considererà regolarmente presentata e la sede ricevente si incaricherà di trasmettere i dati alla sede competente.

Con l’occasione si ricorda che copia della denuncia deve continuare ad essere inviata all’autorità di Pubblica Sicurezza competente nel territorio dove è avvenuto l’infortunio.

IL CONTRATTO DI INSERIMENTO LAVORATIVO

Con la circolare n. 31 del 21 luglio 2004, il Ministero del lavoro e delle politiche sociali spiega la disciplina del contratto di inserimento, introdotto dal D.Lgs. 276/2003, finalizzato a consentire l’inserimento o il reinserimento nel mondo del lavoro di soggetti definiti “socialmente più deboli”.

Tali categorie sono state tassativamente individuate dall’art. 54 del decreto e sono :

a) soggetti di età compresa tra i diciotto e i ventinove anni; 

b) disoccupati di lunga durata (privi di occupazione da più di 12 mesi) da ventinove fino a trentadue anni; 

c) lavoratori con più di cinquanta anni di età che siano privi di un posto di lavoro; 

d) lavoratori che desiderino riprendere una attività lavorativa e che non abbiano lavorato per almeno due anni; 

e) donne di qualsiasi età residenti in una area geografica in cui il tasso di occupazione femminile determinato con apposito decreto del Ministro dei lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sia inferiore almeno del 20 per cento di quello maschile o in cui il tasso di disoccupazione femminile superi del 10 per cento quello maschile;  

f) persone riconosciute affette, ai sensi della normativa vigente, da un grave handicap fisico, mentale o psichico. 

 

Occorre precisare che tale tipologia contrattuale non è un contratto di formazione e lavoro e, anzi, l’aspetto formativo non è l’elemento caratterizzante questo tipo di rapporto.

Il contratto di inserimento è, in sostanza, un contratto a tempo determinato finalizzato ad inserire al lavoro i soggetti sopra individuati in base ad un progetto individuale di inserimento mirato alla individuazione di un percorso di adattamento delle competenze professionali del lavoratore.

La mancanza del progetto individuale di inserimento rende nullo il contratto che viene così trasformato a tempo indeterminato.

La durata del progetto non può essere inferiore a 9 mesi e non può superare i 18 elevabili a 36 per soggetti portatori di grave handicap.

Può essere prorogato più volte ma nel complesso non può superare i limiti sopra individuati e non è rinnovabile.

La definizione dei progetti individuali di inserimento è demandata, dal decreto legislativo 276/2003, alla contrattazione collettiva. A tal fine, in data 11 febbraio 2004. è stato sottoscritto un accordo interconfederale, applicabile a tutte le categorie, fino al momento in cui la contrattazione di settore non regolerà specificatamente la materia.

Possono stipulare contratti di inserimento:

a) enti pubblici economici, imprese e loro consorzi;

b) gruppi di imprese;

c) associazioni professionali, socio-culturali, sportive;

d) fondazioni;

e) enti di ricerca, pubblici e privati;

f) organizzazioni e associazioni di categoria.

 

Per poter assumere mediante contratti di inserimento i datori di lavoro interessati devono avere mantenuto in servizio almeno il sessanta per cento dei lavoratori il cui contratto di inserimento sia venuto a scadere nei diciotto mesi precedenti.

Il contratto di inserimento deve avere forma scritta e deve indicare il progetto individuale di inserimento, a pena di nullità.

Benefici economici e normativi

Durante il rapporto di inserimento il lavoratore può essere inquadrato, ai fini retributivi, fino a 2 livelli inferiori a quello dovuto in forza delle mansioni affidategli.

I soggetti assunti con tale contratto non sono computabili, nell’organico aziendale, ai fini delle disposizioni di legge e di contratto collettivo.

Limitatamente ai soggetti indicati nei precedenti punti da b) a f), possono trovare applicazione i benefici contributivi previsti dai vecchi contratti di formazione e lavoro entro limiti di durata del contratto di inserimento.

DATORE DI LAVORO

AGEVOLAZIONE CONTRIBUTIVA NEL CENTRO NORD

AGEVOLAZIONE CONTRIBUTIVA NEL MEZZOGIORNO

Datori di lavoro in genere (non imprenditori) 

25% dei contributi a carico del datore di lavoro

50% dei contributi a carico del datore di lavoro

Datori di lavoro imprenditori

25% dei contributi a carico del datore di lavoro

Contributo fisso settimanale nella misura prevista per gli apprendisti del settore industria

Imprese commerciali e turistiche con meno di 15 dipendenti 

40% dei contributi a carico del datore di lavoro

40% dei contributi a carico del datore di lavoro Contributo fisso settimanale nella misura prevista per gli apprendisti del settore industria

Imprese artigiane

Contributo fisso settimanale nella misura prevista per le imprese industriali

Contributo fisso settimanale nella misura prevista per le imprese industriali

 

Rispetto al prospetto sopra esposto occorre precisare quanto segue.

La sola agevolazione contributiva fino al 25% della contribuzione può essere concessa alla generalità dei soggetti indicati.

Le agevolazioni in misura superiore, indicate nel prospetto, sono subordinate ad ulteriori condizioni dettate anche dal regolamento comunitario n. 2204/2002:

• l’agevolazione non deve superare il 50% del costo salariale; tale limite è elevato al 60% nel caso in cui il lavoratore sia disabile;

• deve determinare un incremento netto del numero di occupati nell’unità dove viene impiegato il lavoratore oggetto delle agevolazioni; tale condizione si ritiene rispettata anche nel caso in cui i posti occupati si siano resi vacanti a seguito di dimissioni volontarie, pensionamento per raggiunti limiti di età, riduzione volontaria dell’orario di lavoro, licenziamento per giusta causa e non a seguito di licenziamenti per riduzione di personale;

• al lavoratore deve essere garantita una durata di almeno 12 mesi salvo il caso di risoluzione per giusta causa.

 

La circolare conclude elencando i soggetti per i quali, nel rispetto del quadro normativo delineato dall’art. 54 del D.Lgs. 276/2003 e dal regolamento CE, è possibile fruire da subito dei benefici contributivi:

Dalla normativa sopra esposta esce un quadro un po’ confuso dei limiti di accesso alle agevolazioni contributive superiori al 25%.

Ci riserviamo di fornire ulteriori precisazioni che dovessero pervenire dagli enti previdenziali in seguito all’emanazione della circolare in esame.

I TIROCINI ESTIVI DI ORIENTAMENTO

Si tratta di una particolare forma di tirocinio o stage introdotta dal D.Lgs. 276/2003 che, per la maggior parte degli aspetti normativi, rimanda alla l. n. 196/1997.

Si tratta di un rapporto formativo (non è un rapporto di lavoro subordinato) che si può instaurare con adolescenti (dai 15 ai 18 anni) e giovani (dai 18 ai 25 anni) nel periodo che va dal termine delle lezioni di un anno scolastico, all’inizio di quello successivo, per una durata massima di tre mesi.

Il Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con la circolare n. 32 del 2 agosto 2004, riepiloga la normativa che non presenta particolari novità rispetto a quanto già noto in tema di stage e ribadisce che tale istituto è finalizzato al conseguimento, da parte del tirocinante, di competenze spendibili sul mercato del lavoro al fine di agevolare le scelte professionali.

L’avvio del tirocinio presuppone la sottoscrizione di una convenzione tra soggetto promotore e soggetto ospitante nonché di un progetto di orientamento e di addestramento pratico. A tale proposito alla circolare è allegato il modello di convenzione.

ORARIO DI LAVORO E DISCIPLINA DELLE FERIE - SISTEMA SANZIONATORIO

Il 17 agosto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale, il D.Lgs. n. 213 del 19 luglio 2004 che detta il sistema sanzionatorio per le violazioni alle norme sull’orario di lavoro e, nel contempo, fornisce alcune interpretazioni al D.Lgs. n. 66 del 2003 che aveva innovato la disciplina sull’orario di lavoro.

Nel prospetto che segue riepiloghiamo le norme di riferimento e la relativa sanzione per mancato rispetto della stessa, pertanto vista l’importanza dell’argomento e le relative sanzioni , cui si rischia di andare incontro , Vi invitiamo a prenderne atto e rispettare la loro applicazione.

NORMA DI RIFERIMENTO DEL D.LGS. 66/2003

IMPORTO DELLA SANZIONE CONNESSA ALLA VIOLAZIONE

 

 

Art. 4 c. 2,3,4 Durata massima dell'orario di lavoro

2. La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario. 

3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi. 

4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi. 

Sanzione amministrativa da 103 a 780 Euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisce la violazione.

Art. 4 c. 5 Durata massima dell'orario di lavoro

5. In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più di dieci dipendenti il datore di lavoro è tenuto a informare, entro 30 giorni dalla scadenza del periodo di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al predetto obbligo di comunicazione. 

Sanzione amministrativa da 103 a 780 Euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisce la violazione.

Art. 5 c. 3 Lavoro straordinario

3. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le duecentocinquanta ore annuali. 

Sanzione amministrativa da 25 a 154 Euro: se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si ripete per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la sanzione va da Euro 154 a Euro 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

Art. 5 c. 5 Lavoro straordinario

5. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi. 

Sanzione amministrativa da 25 a 154 Euro: se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si ripete per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la sanzione va da Euro 154 a Euro 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta.

Art. 7 c. 1 Riposo giornaliero

1. Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata. 

Sanzione amministrativa da 105 a 630 Euro.

Art. 9 c. 1 Riposi settimanali

1. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7. 

Sanzione amministrativa da 105 a 630 Euro.

Art. 10 c. 1 Ferie

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’art. 2 c. 2 (forze armate, protezione civile ecc.) va goduto per almeno 2 settimane consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Sanzione amministrativa da 130 a 780 Euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisce la violazione.

Art. 11 c. 2 Limitazioni al lavoro notturno

2. I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno. E' in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.

Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 516 a 2.582 Euro.

Art. 11 c. 2 (segue) 

Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno: 

a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;

b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni; 

c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 516 a 2.582 Euro. La sanzione si riferisce al caso in cui il datore di lavoro adibisca i lavoratori citati al lavoro notturno nonostante la manifestazione scritta del proprio dissenso comunicata entro le 24 ore precedenti l’inizio della prestazione.

Art. 13 c. 1 Durata del lavoro notturno 

1. L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite. 

Sanzione amministrativa da 51 a 154 Euro per ogni giorno e per ogni lavoratore adibito al lavoro notturno oltre i limiti previsti.

Art. 14 c. 1 Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno

1. La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all’articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all’art. 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626 e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi.

Arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 1.549 a 4.131 Euro.


Riteniamo che le norme sopra esposte rappresentino una sintesi significativa delle disposizioni che regolano l’orario di lavoro ora supportato anche da chiare norme sanzionatorie.

È il caso comunque di sottolineare la disposizione che regola la fruizione delle ferie.

La relativa disciplina è demandata alla contrattazione collettiva in assenza della quale, le stesse vanno godute per almeno due settimane, nell’anno di maturazione; su richiesta del lavoratore tali settimane devono essere fruite in via continuativa.

Le rimanenti due settimane devono essere fruite entro 18 mesi dal termine dell’anno di maturazione.

Si ritiene che, nel caso in cui il contratto disponga la maturazione di un periodo di ferie superiore a quattro settimane, le giornate eccedenti possano essere liquidate.

LA CERTIFICAZIONE DEI CONTRATTI DI LAVORO

L’art. 75 del D.Lgs. N. 276/2003 ha introdotto l’istituto della certificazione dei contratti di lavoro:  

intermittente;

• ripartito;

• a tempo parziale;

• a progetto;

• di associazione in partecipazione;

• regolamento interno delle cooperative;

• somministrazione di lavoro e appalto.

 

L’intento del legislatore era quello di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro.

Ora è stato emanato il Decreto Ministeriale 21 luglio 2004 che detta gli adempimenti necessari per la costituzione delle commissioni di certificazione presso le Direzioni provinciali del lavoro e presso le Province, nonché le modalità di funzionamento e di ricorso alla procedura di certificazione.

Riepiloghiamo sinteticamente il contenuto del provvedimento, precisiamo che la certificazione dei contratti di lavoro indicati, è un istituto facoltativo.

Istanza 

Il procedimento si apre con l’istanza comune, redatta in carta da bollo su apposito modulo, che i contraenti devono presentare alla commissione di certificazione, allegando l’originale del contratto da certificare sottoscritto dalle parti e copia del documento di identità dei firmatari.

Deve contenere l’indicazione degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali in relazione ai quali le parti chiedono la certificazione.

Procedura 

La procedura si conclude entro 30 giorni dal ricevimento dell’istanza durante i quali la commissione verifica la correttezza del contratto scelto dalle parti e propone eventuali modifiche e integrazioni.

Durante il procedimento la commissione svolge attività di consulenza tra le parti con particolare riferimento alla disponibilità dei diritti e alla esatta qualificazione del contratto.

Le parti devono presenziare personalmente l’audizione dinanzi alla Commissione di certificazione e possono farsi assistere dalle rispettive organizzazioni sindacali o da professionisti abilitati. Tale assistenza è obbligatoria qualora la parte sia presente in persona di un proprio rappresentante.

Provvedimento di certificazione

Al termine della procedura viene emesso l’atto di certificazione che ha natura di provvedimento amministrativo e che deve essere motivato.

Deve contenere esplicita menzione degli effetti civili, amministrativi, previdenziali o fiscali, in relazione ai quali le parti chiedono la certificazione.

Effetti 

Gli effetti giuridici della certificazione sono vincolati per le parti stipulanti e per i terzi nei confronti dei quali è stata richiesta la validità dell’accertamento.

Eventuali ricorsi volti a rilevare difformità della certificazione rispetto a quanto richiesto e dello svolgimento del rapporto rispetto a quanto pattuito nel contratto certificato, possono rivolgersi all’autorità giudiziaria previo tentativo di conciliazione, da esperire ai sensi dell’art. 410 c.p.c., presso la commissione che ha certificato il contratto.

LA GIURISPRUDENZA

LAVORO DOMENICALE SENZA RIPOSO COMPENSATIVO

Sentenza Corte di Cassazione sez. lavoro n. 7702 del 22 aprile 2004

Nella sentenza in esame, la Corte di Cassazione, secondo un indirizzo prevalente della giurisprudenza, ribadisce che, nel caso di lavoro nella giornata di domenica, spetta al lavoratore una maggiorazione della retribuzione in base a quanto disposto dal CCNL. Inoltre spetta una giornata di riposo compensativo in assenza del quale è dovuto al lavoratore un risarcimento.

Nel caso in cui il CCNL non ne specifichi il relativo ammontare, lo stesso sarà determinato in ragione del corrispettivo di una giornata di ferie non godute.

SCADENZARIO LAVORO: SETTEMBRE 2004 OTTOBRE 2004 E PRIMI GIORNI DI NOVEMBRE 2004