Il D. Lgs. 8 aprile 2003 n. 66 entrato in vigore il 29 aprile 2003, poi modificato dal D. Lgs. n. 213/2004, ha fornito una disciplina organica dell’orario di lavoro in conformità alle direttive comunitarie.
L’argomento, più volte affrontato, è stato da ultimo trattato nella circolare Bimestrale n° 5del 2004 dove abbiamo sintetizzato il sistema sanzionatorio disposto dalla nuova normativa.
Il Ministero del Lavoro ha esaminato il provvedimento con la circolare n. 8 del 3 marzo 2005 della quale, lungi dal poter affrontare in questa sede l’argomento in modo esaustivo, riprendiamo alcuni punti salienti che riteniamo utile conoscere nella gestione quotidiana dell’orario di lavoro.
Precisiamo che la circolare è integralmente reperibile sul sito www.welfare.gov.it.
Orario di lavoro – definizione.
"Qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni".
Tale definizione supera il vecchio concetto di orario di lavoro estendendolo a tutti i periodi in cui i lavoratori siano tenuti ad essere presenti sul luogo di lavoro e a tenersi a disposizione per poter fornire la propria opera in caso di necessità.
A titolo esemplificativo possiamo ora dire che rientra nell’orario di lavoro tutta la prestazione svolta da guardiani e portieri la cui attività era prima definita discontinua. Così come rientra nell’orario di lavoro il tempo impiegato dal lavoratore per indossare la divisa da lavoro qualora questa sia richiesta per il tipo di attività svolta.
Ambito di applicazione.
La nuova disciplina si applica a tutti i settori di attività pubblici e privati e a tutti i lavoratori subordinati, compresi gli apprendisti maggiorenni i quali possono quindi svolgere lavoro straordinario e notturno.
Le norme sull’orario di lavoro non sono applicabili:
· ai lavoratori minorenni;
· al personale della scuola;
· al personale delle forza armate;
· ai servizi di protezione civile;
· alla gente di mare;
· al personale di volo nell’aviazione civile;
· ai lavoratori mobili intendendo per tali i membri del personale viaggiante o di volo presso un’impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile o a impianto fisso non ferroviario.
Inoltre, per una corretta interpretazione ed applicazione delle norme in esame, va precisato quanto disposto dall’art. 17 c. 5 del D. Lgs. in esame il quale dispone che, nel rispetto delle norme generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli:
· 3 – orario normale di lavoro;
· 4 – durata massima dell’orario di lavoro;
· 5 – lavoro straordinario;
· 7 - riposo giornaliero;
· 8 – pause;
· 12 – modalità di organizzazione del lavoro notturno;
· 13 – durata del lavoro notturno;
non trovano applicazione nei confronti
a) di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;
b) di manodopera familiare;
c) di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;
d) di prestazioni rese nell'ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di tele-lavoro.
Ci preme richiamare l’attenzione sui lavoratori di cui al punto a) che la circolare definisce nel modo seguente:
Relativamente alla categoria di lavoratori di cui alla lettera a) del citato comma 5 (dirigente, personale direttivo aziendale o di altre persone aventi potere di decisione autonomo) non può sottacersi – come del resto già fatto presente con circolare n. 10 del 15/2/2000 – che nell'ampia formulazione della norma trovano ingresso nuove figure professionali che, sebbene prive di potere gerarchico, conservano, nel disimpegno delle loro attribuzioni, ampia possibilità di iniziativa, di discrezionalità e di determinazione autonoma sul proprio tempo di lavoro.
Più in generale, si ritiene, poi, che la deroga al limite delle 48 ore settimanali riguardi anche quelle attività le cui peculiarità non consentono di predeterminarne la durata.
Si tratta di attività nelle quali la professionalità dei lavoratori, dotati di competenze specialistiche, è condizione essenziale per il funzionamento del servizio, di modo che l'attività del personale impegnato, talora anche a ragione della continuità del servizio offerto, reso in alcuni casi anche all'esterno dell'azienda, si concreta in una serie di interventi che non consentono la pianificabilità, in termini di tempo, del lavoro necessario al funzionamento del servizio.
Orario normale settimanale e durata massima dell’orario di lavoro.
L’orario normale settimanale è fissato in 40 ore ma la contrattazione collettiva può stabilire orari inferiori o riferire l’orario normale alla durata media della prestazione lavorativa in un periodo non superiore all’anno in modo che, nonostante eventuali prestazioni eccedenti le 40 ore, tale media non venga superata.
In via preliminare è importante sottolineare che tutto l’impianto sanzionatorio si riferisce a violazioni riguardanti il mancato rispetto dei limiti di legge e non di contratto.
La durata massima dell’orario settimanale è stabilita dai contratti collettivi ma non può comunque superare le 48 ore in un periodo di sette giorni, comprensive dell’orario ordinario e straordinario.
Tale limite si intende come media riferita ad un periodo di 4 mesi che la contrattazione collettiva, anche di secondo livello, può elevare a 6 o 12 mesi per ragioni obiettive tecniche o inerenti l’organizzazione del lavoro.
È pertanto ammesso il superamento delle 48 ore settimanali anche con prestazioni di lavoro straordinario purché nel periodo di osservazione fissato dalla legge o dal diverso periodo individuato dal contratto collettivo, si rispetti la media di 48 ore.
Dalla lettura della circolare sembra di poter dire che, per il computo della media, non si dovranno prendere in considerazione i periodi di malattia e di ferie, cui vengono equiparati i periodi di maternità ed infortunio mentre i rimanenti periodi di assenza, con diritto alla conservazione del posto, restano ricompresi nell’arco temporale di riferimento con indicazione delle ore pari a zero.
È opinione di chi scrive che, il periodo di riferimento debba rimanere fisso in quanto una gestione individuale di tale parametro, differenziata in base ad eventuali periodi di malattia, ferie, ecc. sarebbe estremamente difficoltosa. Pertanto, nell’ambito del quadrimestre/semestre/anno di riferimento, i periodi di assenza sopra citati non dovrebbero comportare uno slittamento del periodo di osservazione e le relative ore lavorative ivi ricadenti non sarebbero computate come lavorate.
Occorre precisare che, il superamento delle 48 ore settimanali mediante prestazioni di lavoro straordinario, dovrà essere oggetto di comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro qualora sia svolto in unità produttive che occupano più di 10 addetti.
La comunicazione va inviata per segnalare il numero di lavoratori che, in una determinata settimana, hanno superato il limite di 48 ore anche se, nel periodo preso a riferimento, hanno mantenuto una media non superiore alle 48.
L’invio deve essere effettuato entro 30 giorni dalla fine del periodo di riferimento.
Lavoro straordinario
La norma definisce lavoro straordinario quello effettuato oltre l’orario normale e stabilisce che deve essere contenuto.
Non è previsto un limite giornaliero di prestazione di lavoro straordinario mentre rimane fissato il limite annuo massimo di 250 ore che solo la contrattazione collettiva può elevare.
Oltre alle ipotesi previste dalla contrattazione collettiva, tale limite può essere superato solo:
· per fronteggiare casi eccezionali dettati da esigenze tecnico produttive cui non sia possibile far fronte con l’assunzione di altri lavoratori;
· casi di pericolo alle persone o alle cose;
· in occasione di mostre, fiere e altre manifestazioni legate all’attività produttiva nonché all’allestimento di modelli, prototipi e simili, preventivamente comunicati agli uffici competenti.
Si fa notare che non esiste più il limite giornaliero di prestazione straordinaria, sostituita dal limite, precedentemente chiarito, di 48 ore di prestazione complessiva settimanale.
Pause e riposi settimanali.
Il lavoratore ha diritto alle seguenti pause e riposi:
a) almeno 10 minuti di pausa quando la prestazione eccede le 6 ore nell’ambito dell’orario di lavoro, fruibile anche sul posto di lavoro; non può essere sostituita da compensazioni economiche, può essere concentrata all’inizio o alla fine del turno di lavoro e la sua collocazione è stabilita dal datore di lavoro; la contrattazione collettiva può stabilire tutele maggiori rispetto a questa;
b) 11 ore di riposo consecutive ogni 24 ore calcolate dall’ora di inizio della prestazione lavorativa; qualsiasi accordo che preveda un riposo di durata inferiore è nullo; le uniche deroghe possibili rispetto a tale pausa sono elencate nell’art. 17 del D. Lgs. mentre altre ipotesi derogatorie possono essere disposte dalla contrattazione collettiva;
c) 24 ore consecutive di riposo ogni 7 giorni, di regola coincidenti con la domenica, che devono cumularsi con il riposo giornaliero di 11 ore per un totale di 35 ore; qualora non sia possibile la fruizione di domenica, il lavoratore avrà diritto al riposo in altra giornata; la circolare precisa che è sanzionabile il mancato rispetto del riposo settimanale anche nei confronti dei dirigenti e dei lavoratori domestici.
Il Ministero del Lavoro ha fornito un’importante precisazione in merito alla inderogabilità del riposo giornaliero di cui alla lettera b) anche nei confronti dei soggetti titolari di più rapporti di lavoro.
Peraltro, poiché non esiste alcun divieto di essere titolari di più rapporti di lavoro non incompatibili, il lavoratore ha l'onere di comunicare ai datori di lavoro l'ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività nel rispetto dei limiti indicati e fornire ogni altra informazione utile in tal senso.
A tale proposito si richiama l’attenzione sulla opportunità di ottenere tale dichiarazione in fase di assunzione valutando anche l’ipotesi di pattuire il divieto, a carico del lavoratore, di costituire altri rapporti di lavoro salvo preventiva autorizzazione da parte del datore di lavoro o, quanto meno, comunicazione allo stesso.
Dalle disposizioni sopra richiamate in merito alle pause, si deduce che la prestazione massima giornaliera non può superare le 13 ore di lavoro alle quali va tolta la pausa di 10 minuti di cui al precedente punto a).
Non esistono altri limiti legali alla prestazione massima giornaliera che possono tuttavia essere previsti dalla contrattazione collettiva.
Lavoro notturno
La norma individua come lavoro notturno quello svolto in un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo tra le ore 24 e le ore 5 del mattino; ne consegue che è lavoro notturno quello svolto:
Ø tra le 22 e le 5;
Ø tra le 23 e le 6;
Ø tra le 24 e le 7.
È definito lavoratore notturno colui che:
1) svolge nel periodo notturno almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;
2) svolge durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro;
3) qualora la disciplina collettiva nulla stabilisca rispetto al punto precedente, è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga, durante il periodo notturno, almeno una parte del suo tempo di lavoro giornaliero, per un minimo di 80 giorni lavorativi all'anno anche non continuativi, tale limite va riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.
I lavoratori notturni devono essere sottoposti a visita medica di idoneità preventiva e periodica con cadenza biennale.
Le visite mediche vanno effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche o dal medico di fabbrica, ove previsto. Questi possono disporre una periodicità inferiore ai 2 anni.
Nell’ipotesi in cui un lavoratore notturno, in seguito ad accertamento medico risulti inidoneo rispetto a tale attività, il datore di lavoro dovrà verificare la possibilità di impiegarlo in orari diurni. Qualora ciò non fosse possibile, è ammesso il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Ad ulteriore tutela del dipendente, la legge dispone che l’orario di lavoro complessivo del lavoratore notturno non può superare le 8 ore in media nelle 24. In assenza di disposizioni il Ministero ritiene che la media vada calcolata con riferimento alla settimana lavorativa, salva diversa previsione da parte della contrattazione collettiva.
Si ricorda che è vietato adibire al lavoro notturno, dalle 24 alle 6, le donne in gestazione dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino o, comunque, dal momento in cui il datore di lavoro ha avuto conoscenza della fattispecie generatrice del divieto.
Hanno facoltà di non prestare lavoro notturno, dandone comunicazione scritta al datore di lavoro almeno 24 ore prima dell’inizio della prestazione:
a) la lavoratrice subordinata, madre di un figlio di età inferiore ai tre anni o, qualora la stessa non abbia esercitato la facoltà di rifiutare l'esecuzione di prestazioni di lavoro notturno, il lavoratore padre convivente che sia anch'esso lavoratore subordinato;
b) l'unico genitore affidatario e convivente di un minore di età inferiore a 12 anni;
c) coloro che abbiano a loro carico un soggetto disabile ai sensi della legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.
Occorre precisare che l’introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta dalla consultazione con le rappresentanze sindacali aziendali o, in loro assenza, con le rappresentanze sindacali territoriali.
Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare annualmente per iscritto l’esecuzione di lavoro notturno continuativo o compreso in turni periodici regolari alla Direzione Provinciale del Lavoro e alle rappresentanze sindacali come sopra individuate.
Tali comunicazioni non sono dovute nel caso in cui la contrattazione collettiva applicata in azienda disciplini in modo specifico l’esecuzione del lavoro notturno continuativo o compreso in turni periodici regolari.
Ferie annuali.
La disciplina di tale istituto, riscontrabile già nell’art. 2109 del codice civile, è ispirata all’art. 36 della nostra Costituzione nonché ai principi dettati dalla convenzione OIL n. 132 del 24 giugno 1970.
In quest’ambito si colloca il diritto del lavoratore, disposto dal Decreto in esame, ad un periodo di ferie annuale non inferiore a 4 settimane con espresso divieto di monetizzare tale periodo minimo, salvo l’ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro. Nel caso di contratti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore all’anno le ferie sono sempre monetizzabili.
La circolare sostiene che il divieto alla monetizzazione si riferisce alle ferie maturate successivamente al 29.04.2003, data di entrata in vigore del provvedimento. Pertanto, le eventuali ferie residue maturate prima di tale data, potrebbero essere liquidate. Tale interpretazione sembra essere arbitraria in quanto già le disposizioni vigenti avevano portato la giurisprudenza prevalente ad orientarsi verso la non liquidabilità delle ferie.
In sostanza la circolare distingue i 3 seguenti periodi di ferie:
1) Un primo periodo, di almeno due settimane, da fruirsi in modo ininterrotto nel corso dell'anno di maturazione, su richiesta del lavoratore;
2) Un secondo periodo, di due settimane, da fruirsi anche in modo frazionato ma entro 18 mesi dal termine dell'anno di maturazione, salvi i più ampi periodi di differimento stabiliti dalla contrattazione collettiva;
3) Un terzo periodo, superiore al minimo di 4 settimane stabilito dal decreto, (eventualmente disposto dalla contrattazione collettiva) potrà essere fruito anche in modo frazionato ma entro il termine stabilito dall'autonomia privata. Questo ultimo periodo può essere monetizzato.
Dal tenore della norma e della circolare, sembra di poter concludere che il periodo di ferie di 2 settimane annue debba essere fruito in modo continuativo.
Qualora ciò non fosse richiesto dal lavoratore, si ritiene che il frazionamento, dovendo comunque garantire il recupero delle energie psicofisiche dello stesso, deve essere fruito per frazioni temporali almeno superiori alla giornata.
È opportuno riflettere sul fatto che, lo slittamento dell’utilizzo delle ferie di cui al precedente punto 2) ai 18 mesi successivi al termine del periodo di maturazione, comporta il sovrapporsi, in un medesimo anno, dell’obbligo del diritto alla fruizione delle ferie correnti e di quelle arretrate e non godute consistente nelle medesime 4 settimane.
Inoltre, al di là dell’aspetto sanzionatorio previsto dalla legge, è importante rilevare che la mancata fruizione del periodo di ferie non consente il recupero delle energie del lavoratore il quale può conseguentemente imputare al datore di lavoro inadempiente, eventuali patologie o sinistri che dovessero occorrergli.
Riportiamo la tabella di sintesi del sistema sanzionatorio che assiste la disciplina sull’orario di lavoro già pubblicata sulla circolare Bimestrale 5 del 2004.
Norma di riferimento del D.Lgs. 66/2003 | Importo della sanzione connessa alla violazione |
Art. 3 c. 1 Orario normale di lavoro 1. L'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali. | Sanzione amministrativa da 25 a 154 Euro: se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si ripete per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la sanzione va da Euro 154 a Euro 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. Non è applicabile l’istituto della diffida. |
Art. 4 c. 2,3,4 Durata massima dell'orario di lavoro 2. La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario. 3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi. 4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi. | Sanzione amministrativa da 130 a 780 Euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisce la violazione. |
Art. 4 c. 5 Durata massima dell'orario di lavoro 5. In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più di dieci dipendenti il datore di lavoro è tenuto a informare, entro 30 giorni dalla scadenza del periodo di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al predetto obbligo di comunicazione. | Sanzione amministrativa da 103 a 200 Euro. È possibile applicare l’istituto della diffida. |
Art. 5 c. 3 Lavoro straordinario 3. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali. | Sanzione amministrativa da 25 a 154 Euro: se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si ripete per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la sanzione va da Euro 154 a Euro 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. Non è applicabile l’istituto della diffida. |
Art. 5 c. 5 Lavoro straordinario 5. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi. | Sanzione amministrativa da 25 a 154 Euro: se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si ripete per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la sanzione va da Euro 154 a Euro 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. È applicabile l’istituto della diffida. |
Art. 7 c. 1 Riposo giornaliero 1. Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata. | Sanzione amministrativa da 105 a 630 Euro. Non è applicabile l’istituto della diffida. |
Art. 9 c. 1 Riposi settimanali 1. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7. | Sanzione amministrativa da 105 a 630 Euro. Non è applicabile l’istituto della diffida. |
Art. 10 c. 1 Ferie 1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’art. 2 c. 2 (forze armate, protezione civile ecc.) va goduto per almeno 2 settimane consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione. | Sanzione amministrativa da 130 a 780 Euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisce la violazione. Non è applicabile l’istituto della diffida. |
Art. 11 c. 2 Limitazioni al lavoro notturno 2. I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno. È in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino. | Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 516 a 2.582 Euro. |
Art. 11 c. 2 (segue) Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno: a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa; b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni; c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni. | Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 516 a 2.582 Euro. La sanzione si riferisce al caso in cui il datore di lavoro adibisca i lavoratori citati al lavoro notturno nonostante la manifestazione scritta del proprio dissenso comunicata entro le 24 ore precedenti l’inizio della prestazione. |
Art. 13 c. 1 Durata del lavoro notturno 1. L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite. | Sanzione amministrativa da 51 a 154 Euro per ogni giorno e per ogni lavoratore adibito al lavoro notturno oltre i limiti previsti. |
Art. 14 c. 1 Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno 1. La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all’articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all’art. 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626 e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi. | Arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 1.549 a 4.131 Euro. |