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STUDIO ASSOCIATO PERUZZI TRIGGIANI DANI
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CIRCOLARE BIMESTRALE N. 4 DEL 18/05/2005

SOMMARIO
- CIRCOLARE BIMESTRALE N. 4 DEL 18/05/2005
- EMENS - LA NUOVA DENUNCIA CONTRIBUTIVA MENSILE ALL’INPS
- L’ASSUNZIONE DI CITTADINI EXTRACOMUNITARI
- COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO E PART TIME
- APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE
- PART TIME E IMPONIBILE CONTRIBUTIVO
- ASSOCIATI IN PARTECIPAZIONE - CONTRIBUZIONE INPS
- ORARIO DI LAVORO
- LO SCONTRO CONTRIBUTIVO ALLE IMPRESE EDILI
- TERMINI PER L’ASSISTENZA FISCALE
- ARTIGIANI E COMMERCIANTI CONTRIBUZIONE 2004
- LA GIURISPRUDENZA
- SCADENZARIO LAVORO: MAGGIO 2005 GIUGNO 2005 E PRIMI GIORNI DI LUGLIO 2005
 

CIRCOLARE BIMESTRALE N. 4 DEL 18/05/2005


Clicca sul logo qui sopra per scaricare la circolare nel formato Pdf

EMENS - LA NUOVA DENUNCIA CONTRIBUTIVA MENSILE ALL’INPS

E’ scaduto il 2 maggio il termine per la presentazione della prima denuncia contributiva nella nuova versione la cui origine risale al D.L. 269/2003 convertito in legge n. 326/2003.

Il nuovo adempimento sostituisce l’invio dei dati previdenziali all’INPS che, fino al 2004, erano contenuti nella CUD e quindi trasmessi, per totali, annualmente all’INPS unitamente all’invio del modello 770.

Al fine di garantire la tempestiva erogazione delle prestazioni, l’INPS ha la necessità di acquisire i dati in tempo reale che, attraverso la nuova denuncia, dovranno essere dettagliatamente forniti con cadenza mensile.

Il nuovo ulteriore adempimento richiede la fornitura dei dati in modo molto particolareggiato in quanto dovrà consentire all’Istituto di previdenza di poter determinare, in tempo reale, tutte le prestazioni non solo pensionistiche ma anche per esempio, di disoccupazione, mobilità, ecc., senza dover richiedere di volta in volta dati aggiuntivi ai datori di lavoro.

Soggetti tenuti alla trasmissione della nuova denuncia e relativi termini

La nuova denuncia denominata EMens, deve essere trasmessa unicamente per via telematica all’INPS entro la fine del mese successivo a quello di competenza, relativamente ai dati riferiti ai lavoratori dipendenti, e entro la fine del mese successivo a quello di corresponsione del compenso, per i dati riferiti ai soggetti iscritti alla gestione separata.

Sono infatti tenuti al nuovo adempimento:

·         i datori di lavoro che, fino ai dati di competenza del 2004, erano tenuti alla compilazione del quadro C del modello 770 semplificato, contenente i dati previdenziali;

·         i committenti precedentemente tenuti alla compilazione del modello GLA per gli iscritti alla gestione separata, compresi gli associanti in partecipazione;

·         i datori di lavoro i cui dipendenti sono iscritti alle gestioni minori (INPDAP, ENPALS, INPGI, IPOST).

Sono esclusi i datori di lavoro agricolo.

Si precisa che i datori di lavoro (per il tramite del professionista abilitato) dovranno comunque continuare ad inviare le denuncie mensili dei contributi tramite il modello DM10 entro i consueti termini.

La scadenza relativa alla trasmissione riferita ai mesi di gennaio, febbraio, marzo 2005, è stata posticipata al 02.05.2005 per consentire ai soggetti coinvolti di testare le nuove procedure e anche in considerazione del ritardo con cui l’INPS ha messo a disposizione i tracciati e i programmi di controllo.

La trasmissione mensile potrà avvenire solo per via telematica direttamente da parte dei datori di lavoro/committenti o attraverso i professionisti abilitati.

L’ASSUNZIONE DI CITTADINI EXTRACOMUNITARI

Il 25 febbraio 2005 è entrato in vigore il D.P.R. n. 334 del 18.10.2004 che ha modificato il regolamento di attuazione del Testo Unico della disciplina sull’immigrazione (D. Lgs. n. 286 del 1998) introducendo alcune novità che coinvolgono da subito i datori di lavoro anche con riguardo ai lavoratori stranieri già occupati.

Il nuovo interlocutore pubblico per la gestione dei permessi di soggiorno sarà lo Sportello Unico per l’immigrazione, già previsto dal citato Testo Unico, ed ora meglio delineato dal nuovo regolamento che ne prevede l’istituzione tramite Decreto Prefettizio e che avrà sede presso la Prefettura.

Pertanto, dal momento della sua costituzione, le pratiche per l’autorizzazione all’ingresso di cittadini stranieri per motivi di lavoro, non dovranno essere presentate alla Direzione Provinciale del Lavoro bensì al nuovo Sportello Unico.

La disposizione in esame regola i diversi aspetti legati al rilascio dei permessi di soggiorno, al loro rinnovo ed eventuale conversione. Ad esso si dovrà pertanto riferirsi per individuare, di volta in volta, il corretto percorso amministrativo.

In questa sede preme porre l’accento sul contratto di soggiorno, già previsto dal citato Testo Unico, e ora ripreso dal nuovo articolo 8bis del regolamento.

Si tratta in sostanza del contratto di lavoro sottoscritto tra datore di lavoro e lavoratore integrato da quanto disposto dall’art. 5bis c. 1 del Testo Unico che di seguito riportiamo:

“1.  Il contratto di soggiorno per lavoro subordinato stipulato fra un datore di lavoro italiano o straniero regolarmente soggiornante in Italia e un prestatore di lavoro, cittadino di uno Stato non appartenente all'Unione europea o apolide, contiene:

a)      la garanzia da parte del datore di lavoro della disponibilità di un alloggio per il lavoratore che rientri nei parametri minimi previsti dalla legge per gli alloggi di edilizia residenziale pubblica;

b)      l'impegno al pagamento da parte del datore di lavoro delle spese di viaggio per il rientro del lavoratore nel Paese di provenienza.

1.      Non costituisce titolo valido per il rilascio del permesso di soggiorno il contratto che non contenga le dichiarazioni di cui alle lettere a) e b) del comma 1.”

Tale tipologia di contratto è già nota ai datori di lavoro che hanno chiesto il rilascio di un permesso di soggiorno per motivi di lavoro a favore di un cittadino extracomunitario.

Ora però il nuovo art. 36bis del regolamento prevede che tale contratto di soggiorno debba essere sottoscritto anche:

a)      in occasione di ogni nuovo rapporto di lavoro stipulato con cittadini stranieri già in possesso di regolare permesso di soggiorno;

b)     in occasione del rinnovo del permesso di soggiorno di un lavoratore già occupato.

A tal fine il Ministero del Lavoro ha messo a disposizione sul proprio sito www.welfare.gov.it, due modelli “all. 23” e “all. 25” da utilizzare rispettivamente per la sottoscrizione del contratto nelle ipotesi di cui al punto a) e punto b).

Si richiama l’attenzione sulla dichiarazione resa dal datore di lavoro circa l’idoneità dell’alloggio occupato dal lavoratore.

Qualora l’alloggio non sia messo a disposizione direttamente dallo stesso datore di lavoro, sarà opportuno farsi rilasciare dal lavoratore copia della certificazione che attesti la rispondenza dello stesso ai requisiti richiesti dalla legge.

Sull’argomento il Ministero del Lavoro ha emanato la circolare n. 9 del 8 marzo 2005 della quale riportiamo l’ultimo paragrafo che chiarisce i termini e le modalità del nuovo adempimento:

“Entrambi i predetti moduli si articolano in due parti. La prima, compilata e sottoscritta da entrambe le parti, documenta l'avvenuta conclusione del contratto; la seconda, a firma del datore di lavoro, contiene l'atto di comunicazione e le dichiarazioni dal medesimo rese. Mediante l'invio del modulo compilato e sottoscritto in tutte le sue parti, il datore di lavoro adempie le prescrizioni dell'art. 22, comma 7, del TU e dell'art. 36-bis del nuovo reg. le quali gli impongono l'obbligo di comunicare, entro cinque giorni, l'inizio del rapporto di lavoro. Si dispone che nell'attuale fase transitoria la comunicazione, in attesa della creazione e della piena operatività dello Sportello Unico che ne è il destinatario, vada inviata alla Prefettura UTG. Il datore di lavoro effettuerà l'invio, accludendo la fotocopia di un proprio documento d'identità, mediante spedizione postale per raccomandata con AR ed è tenuto a conservare la prova della spedizione effettuata. Egli è tenuto, inoltre, a consegnare al lavoratore straniero una copia del contratto di soggiorno e della rispettiva comunicazione completa della copia della ricevuta postale attestante la spedizione.”

Precisiamo che il citato art. 36bis impone di comunicare allo Sportello Unico, sempre entro 5 giorni dall’evento, anche la cessazione del rapporto di lavoro nonché l’eventuale trasferimento di sede del lavoratore.

Poiché la circolare ministeriale è stata emanata l’8 marzo 2005, si ritiene che l’obbligo di sottoscrizione e di invio del contratto di soggiorno alle Prefetture, decorra da tale data.

Al momento attuale non ci risulta che le Prefetture abbiano già istituito gli Sportelli Unici e le Questure, in occasione del rinnovo dei permessi di soggiorno, non risulta che stiano richiedendo tale documento.

Alcune Prefetture, contattate per le vie brevi, hanno assicurato che in questa prima fase, in attesa dell’istituzione dello Sportello Unico, non sarà punito l’adempimento tardivo che, sottolineiamo, è assistito dalla sanzione amministrativa da Euro 500,00 a Euro 2.500,00.

Ricordiamo infine che rimane comunque l’obbligo di notificare all’Autorità di Pubblica Sicurezza, entro 48 ore, la costituzione di ogni nuovo rapporto di lavoro.

COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO E PART TIME

Si riscontra la nota del 24 gennaio 2005 con la quale il Ministero del Lavoro ribadisce l’orientamento già espresso in merito al computo dei lavoratori occupati a tempo parziale, riguardo alla disciplina del collocamento obbligatorio e che di seguito sintetizziamo.

Computo della base occupazionale

Ai fini del computo della base occupazionale che determina l’insorgenza e l’entità dell’obbligo, i lavoratori a tempo parziale si computano in ragione dell’effettivo orario di lavoro svolto conteggiando anche eventuali prestazioni di lavoro supplementare.

Il calcolo andrà effettuato sommando l’orario settimanale effettuato da tutti i part time e dividendo il totale per l’orario contrattuale settimanale a tempo pieno. Il quoziente andrà arrotondato all’unità superiore qualora la frazione risulti superiore alla metà dell’orario a tempo pieno.

Computo dei riservatari

I datori di lavoro che occupano da 15 a 35 dipendenti possono computare come unità intera i lavoratori disabili con orario superiore al 50% o ascrivibili alla 5^ categoria di cui alla tabella allegata al DPR 246/1997, indipendentemente dall’orario svolto.

Per i rimanenti datori di lavoro i dipendenti riservatari occupati a tempo parziale andranno computati considerando singolarmente ogni lavoratore e conteggiando come unità il dipendente il cui orario superi il 50% dell’orario contrattuale.

È opinione di chi scrive che i contratti part-time con orario settimanale fino al 50% di quello contrattuale, vadano sommati tra di loro e conteggiati come unità quando il totale degli orari supera il 50% dell’orario settimanale.

APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE

Il D. Lgs. n. 276/2003 (riforma Biagi) ha modificato sostanzialmente il contratto di apprendistato introducendo tre tipologie di tale rapporto:

a)      apprendistato per l’espletamento del diritto dovere di istruzione e formazione – è una tipologia di contratto rivolta ai giovani che hanno compiuto 15 anni di età e che avrà una durata massima di tre anni; la sua realizzazione è subordinata al completamento della riforma del sistema di istruzione scolastico; al momento non è pertanto ancora percorribile;

b)      apprendistato professionalizzante - finalizzato al conseguimento di una qualificazione, è rivolto ai giovani tra i 18 (17 per i soggetti in possesso di una qualifica professionale conseguita ai sensi della L. n. 53/2003) e i 29 anni; la sua attuazione è subordinata: 1) alla regolamentazione dei profili formativi da parte delle regioni e province autonome di Trento e Bolzano d’intesa con le associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori; 2) alla definizione della durata del contratto in rapporto alla qualificazione da conseguire, stabilita dalla contrattazione collettiva che potrà anche regolare le modalità della erogazione della formazione;

c)      apprendistato per l’acquisizione di un diploma o per percorsi di alta formazione – rivolto ai giovani tra i 18 e i 29 anni; la regolamentazione è rimessa alle regioni, alle associazioni dei datori di lavoro e dei lavoratori, alle università e alle altre istituzioni formative. È pertanto già operante in presenza dei rispettivi provvedimenti anche se trova un’applicazione limitata.

In seguito all’emanazione di provvedimenti da parte di alcune regioni, ha iniziato a prendere il via l’apprendistato professionalizzante di cui al punto b) e quello di cui al punto c).

L’occasione di trattare l’argomento ci è data dalla recente delibera di alcune regioni le quali hanno regolato l’apprendistato professionalizzante (come anche la Regione Toscana)

Apprendistato professionalizzante – delibera della Giunta regionale del Veneto n. 197 del 28.01.2005 e Decreto n. 264 del 14.02.2005.

Le disposizioni in oggetto disciplinano l’apprendistato professionalizzante applicabile comunque ai soli settori coperti da contrattazione collettiva che abbia regolato la materia in accordo con l’art. 49 D. Lgs. 276/2003 secondo quanto sopra precisato.

A titolo puramente indicativo, allo stato attuale ci risulta che i settori in questione siano:

·         area chimica del settore industria

·         gomma plastica del settore industria

·         ceramica e abrasivi settore industria

·         edilizia settore industria

·         tessili settore industria

·         settore commercio

Con il citato decreto, la Giunta regionale del Veneto ha approvato il modello unico per la comunicazione di assunzione di apprendisti che dovrà essere obbligatoriamente utilizzato per tutte le assunzioni effettuate a partire al 4 aprile 2005. La comunicazione avverrà esclusivamente per via telematica entro 5 giorni dall’inizio del rapporto. Tuttavia per le assunzioni effettuate dal 4 aprile al 30 aprile 2005 si potrà provvedere all’invio entro il 5 maggio 2005.

La comunicazione di assunzione deve essere accompagnata dal piano formativo individuale e di dettaglio scelto tra le opzioni indicate dalla regione e dalle indicazioni dei parametri che stabiliscono la capacità del datore di lavoro di erogare la formazione all’interno dell’azienda.

Sul modulo di comunicazione, trasmesso esclusivamente per via telematica, deve essere apposta la firma digitale da parte del datore di lavoro o del professionista abilitato che, munito di specifica delega, provvede all’invio.

Con il medesimo provvedimento è stato approvato il piano formativo individuale di dettaglio.

In sintesi i punti caratterizzanti il nuovo apprendistato professionalizzante nel Veneto sono:

a)      possibilità di costituire il rapporto con giovani di età compresa tra i 18 (17 per i soggetti in possesso di una qualifica professionale conseguito ai sensi della l. n. 53/2003) e i 29 anni;

b)      durata minima del contratto di 2 anni e massima di 6;

c)      durata minima della formazione formale interna o esterna all’azienda stabilita dai contratti collettivi e comunque non inferiore a 120 ore annue;

d)      formazione per il tutor aziendale non inferiore a 12 ore complessive;

e)      definizione dei parametri minimi per l’erogazione della formazione formale all’interno delle aziende (presenza di risorse umane idonee a trasferire competenze, tutor con formazione e competenze professionali adeguate, locali idonei ai fini del corretto svolgimento della formazione).

A titolo informativo elenchiamo le regioni che ci risulta abbiano regolato l’apprendistato professionalizzante e quello per percorsi di alta formazione.

REGIONE

APPRENDISTATO PROFESSIONALIZZANTE (ART. 49)

APPRENDISTATO PER L’ACQUISIZIONE DI DIPLOMA O PER PERCORSI DI ALTA FORMAZIONE (ART. 50)

ABRUZZO

SI

 

EMILIA ROMAGNA

 

SI

LAZIO

SI

 

LIGURIA

SI

SI

LOMBARDIA

SI

SI

MARCHE

SI

 

PIEMONTE

SI

SI

PROVINCE AUTONOME DI TRENTO E BOLZANO

INTERVENTI NELL’AMBITO DELL’APPRENDISTATO, DELLA FORMAZIONE PROFESSIONALE DEI DISOCCUPATI E FORMAZIONE CONTINUA SUL LAVORO

PUGLIA

SI

 

TOSCANA

SI

SI

UMBRIA

SI

 

VENETO

SI

SI

PART TIME E IMPONIBILE CONTRIBUTIVO

riguardante la retribuzione minima da assoggettare a contribuzione nei rapporti di lavoro a tempo parziale.

In particolare la precisazione riguarda i settori coperti da contrattazione collettiva che non ammette la stipula di contratti part-time al di sotto di una soglia minima di ore settimanali.

Ebbene, in questi casi, chiarisce ora l’Istituto, la retribuzione imponibile va determinata nel rispetto dei minimali rapportati alle ore effettivamente retribuite in ciascun periodo.

Nel procedimento di calcolo, prosegue la nota, non è previsto un numero minimo di ore di lavoro sul quale la contribuzione debba essere versata.

Pertanto la contribuzione va determinata sulle ore retribuite anche se inferiori al minimo previsto dalla contrattazione collettiva.

ASSOCIATI IN PARTECIPAZIONE - CONTRIBUZIONE INPS

Con circolare n. 30 del 16 febbraio 2005, l’INPS detta le regole per l’adempimento dell’obbligazione contributiva dovuta sulle partecipazioni agli utili erogate agli associati il cui apporto è costituito da solo lavoro.

Si ricorda che l’obbligazione contributiva è sorta con decorrenza dal 2004 e prevedeva l’istituzione di un apposito fondo.

Ora tali soggetti trovano collocazione assicurativa nella gestione separata alla quale si versa la contribuzione sui compensi derivanti da collaborazione coordinata e continuativa o a progetto.

L’Istituto chiarisce che per tali soggetti la contribuzione è dovuta in base alle aliquote previste per la generalità degli iscritti alla gestione separata e che il contributo va ripartito in ragione del 55% a carico dell’associante e del 45% a carico dell’associato.

Si ricorda che gli Associati in partecipazione non sono tenuti al versamento del contributo di maternità pari allo 0,50% pertanto le aliquote per l’anno 2005 sono fissate allo 17,50% fino a € 38.641,00 e al 18,50% fino a € 84.049,00.

La base di calcolo è costituita dai redditi percepiti a titolo di partecipazione lavorativa, determinati con gli stessi criteri stabiliti ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche. Si fa quindi riferimento al criterio di cassa senza la deroga prevista per gli altri iscritti alla gestione separata ai quali si applica il criterio di cassa allargato.

ORARIO DI LAVORO

Il D. Lgs. 8 aprile 2003 n. 66 entrato in vigore il 29 aprile 2003, poi modificato dal D. Lgs. n. 213/2004, ha fornito una disciplina organica dell’orario di lavoro in conformità alle direttive comunitarie.

L’argomento, più volte affrontato, è stato da ultimo trattato nella circolare Bimestrale n° 5del 2004 dove abbiamo sintetizzato il sistema sanzionatorio disposto dalla nuova normativa.

Il Ministero del Lavoro ha esaminato il provvedimento con la circolare n. 8 del 3 marzo 2005 della quale, lungi dal poter affrontare in questa sede l’argomento in modo esaustivo, riprendiamo alcuni punti salienti che riteniamo utile conoscere nella gestione quotidiana dell’orario di lavoro.

Precisiamo che la circolare è integralmente reperibile sul sito www.welfare.gov.it.

Orario di lavoro – definizione.

"Qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell'esercizio della sua attività o delle sue funzioni".

Tale definizione supera il vecchio concetto di orario di lavoro estendendolo a tutti i periodi in cui i lavoratori siano tenuti ad essere presenti sul luogo di lavoro e a tenersi a disposizione per poter fornire la propria opera in caso di necessità.

A titolo esemplificativo possiamo ora dire che rientra nell’orario di lavoro tutta la prestazione svolta da guardiani e portieri la cui attività era prima definita discontinua. Così come rientra nell’orario di lavoro il tempo impiegato dal lavoratore per indossare la divisa da lavoro qualora questa sia richiesta per il tipo di attività svolta.

Ambito di applicazione.

La nuova disciplina si applica a tutti i settori di attività pubblici e privati e a tutti i lavoratori subordinati, compresi gli apprendisti maggiorenni i quali possono quindi svolgere lavoro straordinario e notturno.

Le norme sull’orario di lavoro non sono applicabili:

·         ai lavoratori minorenni;

·         al personale della scuola;

·         al personale delle forza armate;

·         ai servizi di protezione civile;

·         alla gente di mare;

·         al personale di volo nell’aviazione civile;

·         ai lavoratori mobili intendendo per tali i membri del personale viaggiante o di volo presso un’impresa che effettua servizi di trasporto passeggeri o merci su strada, per via aerea o per via navigabile o a impianto fisso non ferroviario.

Inoltre, per una corretta interpretazione ed applicazione delle norme in esame, va precisato quanto disposto dall’art. 17 c. 5 del D. Lgs. in esame il quale dispone che, nel rispetto delle norme generali della protezione della sicurezza e della salute dei lavoratori, le disposizioni di cui agli articoli:

·         3 – orario normale di lavoro;

·         4 – durata massima dell’orario di lavoro;

·         5 – lavoro straordinario;

·         7 - riposo giornaliero;

·         8 – pause;

·         12 – modalità di organizzazione del lavoro notturno;

·         13 – durata del lavoro notturno;

non trovano applicazione nei confronti

a)      di dirigenti, di personale direttivo delle aziende o di altre persone aventi potere di decisione autonomo;

b)      di manodopera familiare;

c)      di lavoratori nel settore liturgico delle chiese e delle comunità religiose;

d)      di prestazioni rese nell'ambito di rapporti di lavoro a domicilio e di tele-lavoro.

Ci preme richiamare l’attenzione sui lavoratori di cui al punto a) che la circolare definisce nel modo seguente:

Relativamente alla categoria di lavoratori di cui alla lettera a) del citato comma 5 (dirigente, personale direttivo aziendale o di altre persone aventi potere di decisione autonomo) non può sottacersi – come del resto già fatto presente con circolare n. 10 del 15/2/2000 – che nell'ampia formulazione della norma trovano ingresso nuove figure professionali che, sebbene prive di potere gerarchico, conservano, nel disimpegno delle loro attribuzioni, ampia possibilità di iniziativa, di discrezionalità e di determinazione autonoma sul proprio tempo di lavoro.

Più in generale, si ritiene, poi, che la deroga al limite delle 48 ore settimanali riguardi anche quelle attività le cui peculiarità non consentono di predeterminarne la durata.

Si tratta di attività nelle quali la professionalità dei lavoratori, dotati di competenze specialistiche, è condizione essenziale per il funzionamento del servizio, di modo che l'attività del personale impegnato, talora anche a ragione della continuità del servizio offerto, reso in alcuni casi anche all'esterno dell'azienda, si concreta in una serie di interventi che non consentono la pianificabilità, in termini di tempo, del lavoro necessario al funzionamento del servizio.

Orario normale settimanale e durata massima dell’orario di lavoro.

L’orario normale settimanale è fissato in 40 ore ma la contrattazione collettiva può stabilire orari inferiori o riferire l’orario normale alla durata media della prestazione lavorativa in un periodo non superiore all’anno in modo che, nonostante eventuali prestazioni eccedenti le 40 ore, tale media non venga superata.

In via preliminare è importante sottolineare che tutto l’impianto sanzionatorio si riferisce a violazioni riguardanti il mancato rispetto dei limiti di legge e non di contratto.

La durata massima dell’orario settimanale è stabilita dai contratti collettivi ma non può comunque superare le 48 ore in un periodo di sette giorni, comprensive dell’orario ordinario e straordinario.

Tale limite si intende come media riferita ad un periodo di 4 mesi che la contrattazione collettiva, anche di secondo livello, può elevare a 6 o 12 mesi per ragioni obiettive tecniche o inerenti l’organizzazione del lavoro.

È pertanto ammesso il superamento delle 48 ore settimanali anche con prestazioni di lavoro straordinario purché nel periodo di osservazione fissato dalla legge o dal diverso periodo individuato dal contratto collettivo, si rispetti la media di 48 ore.

Dalla lettura della circolare sembra di poter dire che, per il computo della media, non si dovranno prendere in considerazione i periodi di malattia e di ferie, cui vengono equiparati i periodi di maternità ed infortunio mentre i rimanenti periodi di assenza, con diritto alla conservazione del posto, restano ricompresi nell’arco temporale di riferimento con indicazione delle ore pari a zero.

È opinione di chi scrive che, il periodo di riferimento debba rimanere fisso in quanto una gestione individuale di tale parametro, differenziata in base ad eventuali periodi di malattia, ferie, ecc. sarebbe estremamente difficoltosa. Pertanto, nell’ambito del quadrimestre/semestre/anno di riferimento, i periodi di assenza sopra citati non dovrebbero comportare uno slittamento del periodo di osservazione e le relative ore lavorative ivi ricadenti non sarebbero computate come lavorate.

Occorre precisare che, il superamento delle 48 ore settimanali mediante prestazioni di lavoro straordinario, dovrà essere oggetto di comunicazione alla Direzione Provinciale del Lavoro qualora sia svolto in unità produttive che occupano più di 10 addetti.

La comunicazione va inviata per segnalare il numero di lavoratori che, in una determinata settimana, hanno superato il limite di 48 ore anche se, nel periodo preso a riferimento, hanno mantenuto una media non superiore alle 48.

L’invio deve essere effettuato entro 30 giorni dalla fine del periodo di riferimento.

Lavoro straordinario

 La norma definisce lavoro straordinario quello effettuato oltre l’orario normale e stabilisce che deve essere contenuto.

Non è previsto un limite giornaliero di prestazione di lavoro straordinario mentre rimane fissato il limite annuo massimo di 250 ore che solo la contrattazione collettiva può elevare.

Oltre alle ipotesi previste dalla contrattazione collettiva, tale limite può essere superato solo:

·         per fronteggiare casi eccezionali dettati da esigenze tecnico produttive cui non sia possibile far fronte con l’assunzione di altri lavoratori;

·         casi di pericolo alle persone o alle cose;

·         in occasione di mostre, fiere e altre manifestazioni legate all’attività produttiva nonché all’allestimento di modelli, prototipi e simili, preventivamente comunicati agli uffici competenti.

Si fa notare che non esiste più il limite giornaliero di prestazione straordinaria, sostituita dal limite, precedentemente chiarito, di 48 ore di prestazione complessiva settimanale.

Pause e riposi settimanali.

Il lavoratore ha diritto alle seguenti pause e riposi:

a)      almeno 10 minuti di pausa quando la prestazione eccede le 6 ore nell’ambito dell’orario di lavoro, fruibile anche sul posto di lavoro; non può essere sostituita da compensazioni economiche, può essere concentrata all’inizio o alla fine del turno di lavoro e la sua collocazione è stabilita dal datore di lavoro; la contrattazione collettiva può stabilire tutele maggiori rispetto a questa;

b)      11 ore di riposo consecutive ogni 24 ore calcolate dall’ora di inizio della prestazione lavorativa; qualsiasi accordo che preveda un riposo di durata inferiore è nullo; le uniche deroghe possibili rispetto a tale pausa sono elencate nell’art. 17 del D. Lgs. mentre altre ipotesi derogatorie possono essere disposte dalla contrattazione collettiva;

c)      24 ore consecutive di riposo ogni 7 giorni, di regola coincidenti con la domenica, che devono cumularsi con il riposo giornaliero di 11 ore per un totale di 35 ore; qualora non sia possibile la fruizione di domenica, il lavoratore avrà diritto al riposo in altra giornata; la circolare precisa che è sanzionabile il mancato rispetto del riposo settimanale anche nei confronti dei dirigenti e dei lavoratori domestici.

Il Ministero del Lavoro ha fornito un’importante precisazione in merito alla inderogabilità del riposo giornaliero di cui alla lettera b) anche nei confronti dei soggetti titolari di più rapporti di lavoro.

Peraltro, poiché non esiste alcun divieto di essere titolari di più rapporti di lavoro non incompatibili, il lavoratore ha l'onere di comunicare ai datori di lavoro l'ammontare delle ore in cui può prestare la propria attività nel rispetto dei limiti indicati e fornire ogni altra informazione utile in tal senso.

A tale proposito si richiama l’attenzione sulla opportunità di ottenere tale dichiarazione in fase di assunzione valutando anche l’ipotesi di pattuire il divieto, a carico del lavoratore, di costituire altri rapporti di lavoro salvo preventiva autorizzazione da parte del datore di lavoro o, quanto meno, comunicazione allo stesso.

Dalle disposizioni sopra richiamate in merito alle pause, si deduce che la prestazione massima giornaliera non può superare le 13 ore di lavoro alle quali va tolta la pausa di 10 minuti di cui al precedente punto a).

Non esistono altri limiti legali alla prestazione massima giornaliera che possono tuttavia essere previsti dalla contrattazione collettiva.

Lavoro notturno

La norma individua come lavoro notturno quello svolto in un periodo di almeno 7 ore consecutive comprendenti l’intervallo tra le ore 24 e le ore 5 del mattino; ne consegue che è lavoro notturno quello svolto:

Ø      tra le 22 e le 5;

Ø      tra le 23 e le 6;

Ø      tra le 24 e le 7.

È definito lavoratore notturno colui che:

1)      svolge nel periodo notturno almeno tre ore del suo tempo di lavoro giornaliero impiegato in modo normale;

2)      svolge durante il periodo notturno almeno una parte del suo orario di lavoro secondo le norme definite dai contratti collettivi di lavoro;

3)      qualora la disciplina collettiva nulla stabilisca rispetto al punto precedente, è considerato lavoratore notturno qualsiasi lavoratore che svolga, durante il periodo notturno, almeno una parte del suo tempo di lavoro giornaliero, per un minimo di 80 giorni lavorativi all'anno anche non continuativi, tale limite va riproporzionato in caso di lavoro a tempo parziale.

I lavoratori notturni devono essere sottoposti a visita medica di idoneità preventiva e periodica con cadenza biennale.

Le visite mediche vanno effettuate presso le strutture sanitarie pubbliche o dal medico di fabbrica, ove previsto. Questi possono disporre una periodicità inferiore ai 2 anni.

Nell’ipotesi in cui un lavoratore notturno, in seguito ad accertamento medico risulti inidoneo rispetto a tale attività, il datore di lavoro dovrà verificare la possibilità di impiegarlo in orari diurni. Qualora ciò non fosse possibile, è ammesso il licenziamento per giustificato motivo oggettivo.

Ad ulteriore tutela del dipendente, la legge dispone che l’orario di lavoro complessivo del lavoratore notturno non può superare le 8 ore in media nelle 24. In assenza di disposizioni il Ministero ritiene che la media vada calcolata con riferimento alla settimana lavorativa, salva diversa previsione da parte della contrattazione collettiva.

Si ricorda che è vietato adibire al lavoro notturno, dalle 24 alle 6, le donne in gestazione dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino o, comunque, dal momento in cui il datore di lavoro ha avuto conoscenza della fattispecie generatrice del divieto.

Hanno facoltà di non prestare lavoro notturno, dandone comunicazione scritta al datore di lavoro almeno 24 ore prima dell’inizio della prestazione:

a)      la lavoratrice subordinata, madre di un figlio di età inferiore ai tre anni o, qualora la stessa non abbia esercitato la facoltà di rifiutare l'esecuzione di prestazioni di lavoro notturno, il lavoratore padre convivente che sia anch'esso lavoratore subordinato;

b)      l'unico genitore affidatario e convivente di un minore di età inferiore a 12 anni;

c)      coloro che abbiano a loro carico un soggetto disabile ai sensi della legge quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate.

Occorre precisare che l’introduzione del lavoro notturno deve essere preceduta dalla consultazione con le rappresentanze sindacali aziendali o, in loro assenza, con le rappresentanze sindacali territoriali.

Il datore di lavoro ha l’obbligo di comunicare annualmente per iscritto l’esecuzione di lavoro notturno continuativo o compreso in turni periodici regolari alla Direzione Provinciale del Lavoro e alle rappresentanze sindacali come sopra individuate.

Tali comunicazioni non sono dovute nel caso in cui la contrattazione collettiva applicata in azienda disciplini in modo specifico l’esecuzione del lavoro notturno continuativo o compreso in turni periodici regolari.

Ferie annuali.

La disciplina di tale istituto, riscontrabile già nell’art. 2109 del codice civile, è ispirata all’art. 36 della nostra Costituzione nonché ai principi dettati dalla convenzione OIL n. 132 del 24 giugno 1970.

In quest’ambito si colloca il diritto del lavoratore, disposto dal Decreto in esame, ad un periodo di ferie annuale non inferiore a 4 settimane con espresso divieto di monetizzare tale periodo minimo, salvo l’ipotesi di risoluzione del rapporto di lavoro. Nel caso di contratti di lavoro a tempo determinato di durata inferiore all’anno le ferie sono sempre monetizzabili.

La circolare sostiene che il divieto alla monetizzazione si riferisce alle ferie maturate successivamente al 29.04.2003, data di entrata in vigore del provvedimento. Pertanto, le eventuali ferie residue maturate prima di tale data, potrebbero essere liquidate. Tale interpretazione sembra essere arbitraria in quanto già le disposizioni vigenti avevano portato la giurisprudenza prevalente ad orientarsi verso la non liquidabilità delle ferie.

In sostanza la circolare distingue i 3 seguenti periodi di ferie:

1)      Un primo periodo, di almeno due settimane, da fruirsi in modo ininterrotto nel corso dell'anno di maturazione, su richiesta del lavoratore;

2)      Un secondo periodo, di due settimane, da fruirsi anche in modo frazionato ma entro 18 mesi dal termine dell'anno di maturazione, salvi i più ampi periodi di differimento stabiliti dalla contrattazione collettiva;

3)      Un terzo periodo, superiore al minimo di 4 settimane stabilito dal decreto, (eventualmente disposto dalla contrattazione collettiva) potrà essere fruito anche in modo frazionato ma entro il termine stabilito dall'autonomia privata. Questo ultimo periodo può essere monetizzato.

Dal tenore della norma e della circolare, sembra di poter concludere che il periodo di ferie di 2 settimane annue debba essere fruito in modo continuativo.

Qualora ciò non fosse richiesto dal lavoratore, si ritiene che il frazionamento, dovendo comunque garantire il recupero delle energie psicofisiche dello stesso, deve essere fruito per frazioni temporali almeno superiori alla giornata.

È opportuno riflettere sul fatto che, lo slittamento dell’utilizzo delle ferie di cui al precedente punto 2) ai 18 mesi successivi al termine del periodo di maturazione, comporta il sovrapporsi, in un medesimo anno, dell’obbligo del diritto alla fruizione delle ferie correnti e di quelle arretrate e non godute consistente nelle medesime 4 settimane.

Inoltre, al di là dell’aspetto sanzionatorio previsto dalla legge, è importante rilevare che la mancata fruizione del periodo di ferie non consente il recupero delle energie del lavoratore il quale può conseguentemente imputare al datore di lavoro inadempiente, eventuali patologie o sinistri che dovessero occorrergli.

Riportiamo la tabella di sintesi del sistema sanzionatorio che assiste la disciplina sull’orario di lavoro già pubblicata sulla circolare Bimestrale 5 del 2004.

Norma di riferimento del D.Lgs. 66/2003

Importo della sanzione connessa alla violazione

Art. 3 c. 1 Orario normale di lavoro

1. L'orario normale di lavoro è fissato in 40 ore settimanali.

Sanzione amministrativa da 25 a 154 Euro: se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si ripete per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la sanzione va da Euro 154 a Euro 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. Non è applicabile l’istituto della diffida.

Art. 4 c. 2,3,4 Durata massima dell'orario di lavoro

2. La durata media dell'orario di lavoro non può in ogni caso superare, per ogni periodo di sette giorni, le quarantotto ore, comprese le ore di lavoro straordinario.

3. Ai fini della disposizione di cui al comma 2, la durata media dell'orario di lavoro deve essere calcolata con riferimento a un periodo non superiore a quattro mesi.

4. I contratti collettivi di lavoro possono in ogni caso elevare il limite di cui al comma 3 fino a sei mesi ovvero fino a dodici mesi a fronte di ragioni obiettive, tecniche o inerenti all'organizzazione del lavoro, specificate negli stessi contratti collettivi.

Sanzione amministrativa da 130 a 780 Euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisce la violazione.

Art. 4 c. 5 Durata massima dell'orario di lavoro

5. In caso di superamento delle 48 ore di lavoro settimanale, attraverso prestazioni di lavoro straordinario, per le unità produttive che occupano più di dieci dipendenti il datore di lavoro è tenuto a informare, entro 30 giorni dalla scadenza del periodo di riferimento di cui ai precedenti commi 3 e 4, la Direzione provinciale del lavoro - Settore ispezione del lavoro competente per territorio. I contratti collettivi di lavoro possono stabilire le modalità per adempiere al predetto obbligo di comunicazione.

Sanzione amministrativa da 103 a 200 Euro. È possibile applicare l’istituto della diffida.

Art. 5 c. 3 Lavoro straordinario

3. In difetto di disciplina collettiva applicabile, il ricorso al lavoro straordinario è ammesso soltanto previo accordo tra datore di lavoro e lavoratore per un periodo che non superi le 250 ore annuali.

Sanzione amministrativa da 25 a 154 Euro: se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si ripete per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la sanzione va da Euro 154 a Euro 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. Non è applicabile l’istituto della diffida.

Art. 5 c. 5 Lavoro straordinario

5. Il lavoro straordinario deve essere computato a parte e compensato con le maggiorazioni retributive previste dai contratti collettivi di lavoro. I contratti collettivi possono in ogni caso consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, i lavoratori usufruiscano di riposi compensativi.

Sanzione amministrativa da 25 a 154 Euro: se la violazione si riferisce a più di 5 lavoratori o si ripete per più di 50 giornate lavorative nell’anno solare, la sanzione va da Euro 154 a Euro 1.032. Non è ammesso il pagamento della sanzione in misura ridotta. È applicabile l’istituto della diffida.

Art. 7 c. 1 Riposo giornaliero

1. Ferma restando la durata normale dell'orario settimanale, il lavoratore ha diritto a undici ore di riposo consecutivo ogni ventiquattro ore. Il riposo giornaliero deve essere fruito in modo consecutivo fatte salve le attività caratterizzate da periodi di lavoro frazionati durante la giornata.

Sanzione amministrativa da 105 a 630 Euro. Non è applicabile l’istituto della diffida.

Art. 9 c. 1 Riposi settimanali

1. Il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno ventiquattro ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero di cui all'articolo 7.

Sanzione amministrativa da 105 a 630 Euro. Non è applicabile l’istituto della diffida.

Art. 10 c. 1 Ferie

1. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 2109 del Codice civile, il prestatore di lavoro ha diritto a un periodo annuale di ferie retribuite non inferiore a quattro settimane. Tale periodo, salvo quanto previsto dalla contrattazione collettiva, o dalla specifica disciplina riferita alle categorie di cui all’art. 2 c. 2 (forze armate, protezione civile ecc.) va goduto per almeno 2 settimane consecutive in caso di richiesta del lavoratore, nel corso dell’anno di maturazione e, per le restanti due settimane, nei 18 mesi successivi al termine dell’anno di maturazione.

Sanzione amministrativa da 130 a 780 Euro per ogni lavoratore e per ciascun periodo cui si riferisce la violazione. Non è applicabile l’istituto della diffida.

Art. 11 c. 2 Limitazioni al lavoro notturno

2. I contratti collettivi stabiliscono i requisiti dei lavoratori che possono essere esclusi dall'obbligo di effettuare lavoro notturno. È in ogni caso vietato adibire le donne al lavoro, dalle ore 24 alle ore 6, dall'accertamento dello stato di gravidanza fino al compimento di un anno di età del bambino.

Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 516 a 2.582 Euro.

Art. 11 c. 2 (segue)

Non sono inoltre obbligati a prestare lavoro notturno:

a) la lavoratrice madre di un figlio di età inferiore a tre anni o, in alternativa, il lavoratore padre convivente con la stessa;

b) la lavoratrice o il lavoratore che sia l'unico genitore affidatario di un figlio convivente di età inferiore a dodici anni;

c) la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e successive modificazioni.

Arresto da 2 a 4 mesi o ammenda da 516 a 2.582 Euro. La sanzione si riferisce al caso in cui il datore di lavoro adibisca i lavoratori citati al lavoro notturno nonostante la manifestazione scritta del proprio dissenso comunicata entro le 24 ore precedenti l’inizio della prestazione.

Art. 13 c. 1 Durata del lavoro notturno

1. L'orario di lavoro dei lavoratori notturni non può superare le otto ore in media nelle ventiquattro ore, salva l'individuazione da parte dei contratti collettivi, anche aziendali, di un periodo di riferimento più ampio sul quale calcolare come media il suddetto limite.

Sanzione amministrativa da 51 a 154 Euro per ogni giorno e per ogni lavoratore adibito al lavoro notturno oltre i limiti previsti.

Art. 14 c. 1 Tutela in caso di prestazioni di lavoro notturno

1. La valutazione dello stato di salute dei lavoratori notturni deve avvenire a cura e a spese del datore di lavoro, o per il tramite delle competenti strutture sanitarie pubbliche di cui all’articolo 11 o per il tramite del medico competente di cui all’art. 17 del decreto legislativo 19 settembre 1994 n. 626 e successive modificazioni, attraverso controlli preventivi e periodici, almeno ogni due anni, volti a verificare l’assenza di controindicazioni al lavoro notturno a cui sono adibiti i lavoratori stessi.

Arresto da 3 a 6 mesi o ammenda da 1.549 a 4.131 Euro.

LO SCONTRO CONTRIBUTIVO ALLE IMPRESE EDILI

Con D.M. del 1 dicembre 2004, pubblicato sulla G. U. del 1 febbraio 2005, il Ministero del Lavoro ha confermato, per l’anno 2004, la riduzione contributiva alle imprese edili nella misura dell’11,50% dei contributi previdenziali e assistenziali dovuti per gli operai occupati a tempo pieno (40 ore settimanali).

La riduzione si applica sulla contribuzione diversa da quella dovuta al Fondo Pensione Lavoratori Dipendenti.

L’emanazione tardiva della disposizione costringe, come di consueto, le ditte a laboriosi conguagli per i quali l’INPS ha emanato la circolare n. 24 del 11 febbraio 2005.

I contributi INPS potranno essere recuperati entro il 16 maggio 2005 esponendoli nel quadro D del modello DM10 preceduti dal codice “L207”.

Poiché il riconoscimento del beneficio è subordinato al rispetto delle disposizioni che consentono la fruizione della fiscalizzazione e dello sgravio (rispetto dei contratti, iscrizione alle casse edili ecc.) i datori di lavoro che non avessero ancora provveduto, dovranno inviare all’INPS dichiarazione di regolarità contributiva rilasciata dalle casse edili.

TERMINI PER L’ASSISTENZA FISCALE

Con circolare n. 12 del 1 aprile 2005, l’Agenzia delle entrate fornisce le istruzioni per l’assistenza fiscale da prestare nell’anno 2005 che, per quanto riguarda le scadenze a carico dei contribuenti e dei CAF, sostanzialmente conferma quanto già disposto lo scorso anno.

Anche per quest’anno vengono confermate le scadenze sotto riportate.

SCADENZA

ADEMPIMENTO

15 giugno

L’assistito consegna al CAF il modello 730 che rilascia la relativa ricevuta.

30 giugno

Il CAF comunica al sostituto di imposta, con 730-4, il risultato della dichiarazione e consegna all’assistito una copia della stessa.

Retribuzione corrisposta nel mese di luglio

I datori di lavoro procedono al conguaglio, in busta paga, degli importi a debito o a credito evidenziati nei modelli 730-4 (730-3 nel caso di assistenza fiscale prestata direttamente dal sostituto) che proseguirà nei mesi successivi nei casi di rateazione o di incapienza.

Rimangono immutate tutte le altre scadenze.

Poiché il risultato contabile della dichiarazione dovrà essere addebitato o accreditato con la retribuzione corrisposta nel mese di luglio, si raccomanda alle aziende di trasmettere tempestivamente allo studio di consulenza del lavoro i modelli 730-4 che arriveranno dai CAF.

ARTIGIANI E COMMERCIANTI CONTRIBUZIONE 2004

Con la consueta revisione delle aliquote contributive e delle retribuzioni minime imponibili di artigiani e commercianti, il reddito minimo imponibile relativo all’anno 2005 per le categorie in esame sale da euro 12.889,00 a euro 13.133,00, aumenta dello 0,20% anche l’aliquota contributiva; lo comunica l’INPS con la circolare n. 36 del 25 febbraio 2005.

Con le tabelle che seguono riassumiamo la situazione contributiva relativa al 2005 e confrontata con la situazione riferita al 2004.

ANNO 2005

artigiano

commerciante

reddito 2005

Titolare
collab. con
più di 21 anni

collaboratori
fino a 21 anni
(3)

titolare
collab. con
più di 21 anni

collaboratori fino a 21 anni (3)

Fino a Euro(1)

13.133,00

17,20%

14,20%

17,59%

14,59%

Successivi

25.508,00

17,20%

14,20%

17,59%

14,59%

Successivi (2)

25.761,00

18,20%

15,20%

18,59%

15,59%

Massimale (2)

64.402,00

 

1)       Imponibile minimo sul quale l’INPS calcola i contributi fissi e invia i relativi modelli di pagamento, nei modelli è compreso anche il contributo di maternità pari a Euro 7,44 (0,62 mensili).

2)       Per i soggetti privi di anzianità contributiva iscritti dal 1996 o successivamente, il massimale per il 2005 è di Euro 84.049,00 tale importo non è frazionabile a mese, quindi l’importo indicato in tabella per Euro 25.761,00 diventa per questi ultimi pari Euro 45.408,00;

3)       Riduzione applicabile fino a tutto il mese in cui il collaboratore compie 21 anni.

ANNO 2004

artigiano

commerciante

reddito 2004

Titolare
collab. con
più di 21 anni

collaboratori
fino a 21 anni
(3)

titolare
collab. con
più di 21 anni

collaboratori fino a 21 anni (3)

Fino a Euro(1)

12.889,00

17,00%

14,00%

17, 39%

14,39%

Successivi

24.994,00

17,00%

14,00%

17, 39%

14,39%

Successivi (2)

25.255,00

18,00%

15,00%

18, 39%

15, 39%

Massimale (2)

63.138,00

 

1)       Imponibile minimo sul quale l’INPS calcola i contributi fissi e invia i relativi modelli di pagamento, nei modelli è compreso anche il contributo di maternità pari a Euro 7,44 (0,62 mensili).

2)       Per i soggetti privi di anzianità contributiva iscritti dal 1996 o successivamente, il massimale per il 2004 è di Euro 82.401,00 tale importo non è frazionabile a mese, quindi l’importo indicato in tabella per Euro 25.255,00 diventa per questi ultimi pari Euro 44.518,00;

3)       Riduzione applicabile fino a tutto il mese in cui il collaboratore compie 21 anni.

Ulteriori precisazioni

Il contributo previdenziale deve essere calcolato su tutti i redditi d’impresa e non solamente su quello che dà titolo all’iscrizione INPS (eventuali perdite riducono l’imponibile).

La regola del reddito minimo non si applica agli affittacamere e ai produttori di terzo e quarto gruppo iscritti alla gestione speciale commercianti, questi soggetti versano i contributi calcolandoli sul reddito effettivo.

I contributi fissi scadono il 16 maggio, 16 agosto, 16 novembre e 16 febbraio 2006.

Nel caso di impresa familiare, i contributi fissi dovuti dai collaboratori si sommano a quelli del titolare mentre i contributi oltre il minimale sono versati separatamente.

Per i soci di S.r.l. iscritti alle gestioni artigiani o commercianti, la base imponibile è determinata dal reddito dichiarato ai fini fiscali dalla società, teoricamente attribuibile al socio sulla base della quota di partecipazione agli utili.

Godono della riduzione del 50% artigiani e commercianti:

§         con più di 65 anni d’età previa presentazione della relativa richiesta (rif. Circ. 63 del 17.3.98 e Circ. 33 del 15.2.1999).

I versamenti vanno arrotondati all’unità di Euro, sia gli acconti che il saldo.

LA GIURISPRUDENZA

LAVORO SUBORDINATO - NOZIONE

Sentenza Corte di Cassaz. Sez. lavoro n. 176 del 05.01.2005 e n. 1682 del 27 gennaio 2005

L’assoggettamento del lavoratore al potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro e il suo inserimento nell’organizzazione aziendale da valutarsi con riferimento alla specificità dell’incarico conferito e alle modalità della sua attuazione, sono elementi rilevanti ai fini della distinzione del rapporto di lavoro subordinato rispetto al lavoro autonomo. Quindi anche i controlli effettuati dal datore di lavoro sull’attività del lavoratore, indicano la sussistenza di un rapporto di lavoro subordinato solo quando siano finalizzati all’esercizio del potere direttivo e/o disciplinare. Altri indicatori quali l’assenza di rischio, la continuità della prestazione, l’osservanza di un orario di lavoro, la cadenza della misura fissa della retribuzione, assumono carattere sussidiario rispetto a quello primario sopra definito.

PATTO DI PROVA E MANSIONI DEL LAVORATORE

Sentenza Corte di Cassaz. Sez. lavoro n. 427 del 12.01.2005

La validità del patto di prova presume che lo stesso risulti da atto scritto e che contenga specifica indicazione delle mansioni svolte dal lavoratore in relazione alle quali il patto è funzionale.

PATTO DI DEMANSIONAMENTO

Sentenza Corte di Cassaz. Sez. lavoro n. 2375 del 7.02.2005

La sentenza richiamata ammette il patto stipulato tra datore di lavoro e lavoratore che, al solo fine di evitare il licenziamento, attribuisca al lavoratore una mansione e una retribuzione inferiore a quelle per le quali era stato assunto o che aveva successivamente acquisito.

SCADENZARIO LAVORO: MAGGIO 2005 GIUGNO 2005 E PRIMI GIORNI DI LUGLIO 2005